Sanatoria criptovalute, conviene sfruttarla?
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Habemus Legge di Bilancio 2023. E con essa un primo tentativo di inquadramento delle criptovalute. All’interno di questo tentativo abbiamo già palesato la nostra prima impressione sulla sanatoria riservata alle criptovalute. In breve, consiste nella possibilità di rimediare al mancato inserimento di tali beni all’interno delle dichiarazioni dei redditi degli anni passati. Come è possibile rimediare? Tramite il pagamento di una piccola imposta sostitutiva. Ma conviene regolarizzare i propri possedimenti? E’ corretto sfruttare la sanatoria dedicata alle criptovalute? Proviamo a fare chiarezza.
Cosa prevede la sanatoria per le criptovalute
Il comma 140 della Legge di Bilancio 2023 n.197/2022 prevede che i contribuenti che non hanno indicato nella propria dichiarazione dei redditi le cripto-attività detenute entro il 31/12/2021 possono presentare istanza di emersione. In cosa consiste? In pratica i soggetti coinvolti che non hanno realizzato redditi nel periodo di riferimento possono regolarizzare la propria posizione indicando le attività detenute al termine di ciascun periodo d’imposta. La condizione necessaria allo sfruttamento della sanatoria per le proprie criptovalute consiste nel versamento di una sanzione nella misura dello 0,5% per ciascun anno del valore delle attività non dichiarate. Questa tipologia di sanatoria è sfruttabile da tutti i contribuenti che non hanno dichiarato le proprie criptovalute ma non hanno percepito redditi.
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Coloro i quali invece hanno realizzato redditi nei periodi fino al 31/12/2021, possono anch’essi regolarizzare la loro posizione tramite la medesima istanza. A quale prezzo però? In questo caso la sanzione sale al 3,5% del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno o al momento di realizzo. A tale sanzione si aggiunge il versamento dello 0,5% a titolo di sanzioni e interessi per la mancata compilazione del quadro RW. Condicio sine qua per sfruttare la sanatoria consiste nella “dimostrazione della liceità delle somme investite“. Occorrerà infatti dimostrare in caso di presentazione di istanza di emersione che la provenienza dei fondi investiti non sia frutto di attività illecite.
Conviene sfruttare la sanatoria e dichiarare le proprie criptovalute? Dipende. Sicuramente la sanzione del 3,5% per sanare eventuali redditi passati si può definire allettante, ma riteniamo sia più corretto far virare il discorso su altri binari. Come già ricordato, soprattutto nell’anno appena trascorso (con riferimento ai redditi prodotti nel 2021) una miriade di contribuenti ha provveduto a dichiarare le proprie criptovalute.
Conviene sfruttare la sanatoria per le proprie criptovalute?
Su che basi? Sulla base di opinioni dell’Agenzia Entrate. Già, perché fino all’entrata in vigore della Legge 197/2022 queste tematiche non erano nemmeno normate. Venivano “regolate” esclusivamente da risposte ad Interpello da parte dell’ente di riscossione. Tali risposte non hanno una valenza normativa, ergo nessuna legge obbligava espressamente i contribuenti ad inserire all’interno della dichiarazione le proprie criptovalute.
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Detto ciò, appare paradossale poter sfruttare una sanatoria per non aver dichiarato le criptovalute quando fino ad oggi nessuno obbligo di dichiarazione era espressamente previsto. A prima vista appare bizzarro pagare una sanzione per aver, almeno in teoria, non rispettato una legge che non c’era.
Concludiamo il nostro ragionamento con un paio di osservazioni. La prima consiste nell’evidenziare che la sanatoria prevede la regolamentazione delle dichiarazione delle criptovalute fino al 31/12/2021. Nulla è espressamente previsto per l’anno 2022, per il quale occorrerà valutare come comportarsi.
La seconda osservazione riguarda l’analisi del comma 127 della Legge 197/2022. Quest’ultimo prevede che le plusvalenze/minusvalenze relative a operazioni aventi oggetto cripto-attività eseguite prima dell’entrata in vigore della Legge 197/2022 si considerano realizzate. Cosa significa? Significa che le plusvalenze realizzate prima dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio sono potenzialmente tassabili, così come le minusvalenze sarebbero potenzialmente deducibili. A prima vista, questo comma appare come magro (e retroattivo) tentativo di attrarre a tassazione materia imponibile. Come a confermare che fino ad oggi nessuna norma era presente e la suddetta materia imponibile non era appunto tale. Se così fosse molti contribuenti che hanno pagato l’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze negli anni precedenti potrebbero avere una ragione in più per presentare istanza di rimborso delle imposte già versate.